1994
Casa del Mantegna, Mantova
Annarosa Baratta
Dal cuore della pietra il suono racconta
“Fa dell'understatement il suo stile, Amalia Del Ponte, pur "arrivando all'appuntamento elegantissima con la vita", come ha scritto per lei Francesco Leonetti. Il suo viso bello e chiaro, la voce giovane, questo suo modo appena un poco svagato (come se altra fosse la sostanza della vita cui è intenta, pur mentre ti parla e si accorda, precisa e pacata) da subito ti danno una sensazione di armonia quella stessa che persegue nelle cose, che ci rende nelle sue 'pietre sonore', che insegue probabilmente nella vita se badiamo ai suoi viaggi in Oriente o alla semplicità spoglia ed essenziale dell'ambiente intorno a lei: che si tratti delle stanze monacali in cui vive o del laboratorio 'artigiano' in cui lavora, con la bella colonna medioevale rimessa a vista, i muri a calce, il pavimento in cemento: tutto del grigio della polvere di marmo, rosso solo il compressore sotto le lastre 'intonate', che cavetti d'acciaio sospendono alla traversina di ferro, al soffitto. Pensano, le mani di A. Del Ponte, cercano nell'opacità ruvida della pietra, nella sua staticità, la lucentezza del suono, il movimento risonante. Cercano, attraverso la forma, le corrispondenze armoniche delle scale musicali e cromatiche, per cui le lastre, i litofoni dicono anche altro dalla forma, segni di una 'interiorità' della materia, espressioni di una 'simpatia' cosmica. E la macina di pietra esposta in mostra ripete l'omphalos del mondo antico e orientale: che si riteneva occupasse il centro della terra, ombelico del mondo, segno di nascita. La nascita è tema della Del Ponte, è stata altra sua direzione di ricerca, testimoniata in mostra da quelle operazioni concettuali degli anni '70 che sono l'allevamento dei cristalli e la documentazione a ritroso del percorso di crescita della figlia bambina, la 'mappa genetica' di cui ha parlato Lea Vergine. Vita che si forma, scrutata nella tappe di tempi evolutivi incomparabili eppure analoghi, quasi a voler negare la distinzione tra mondo animato e inanimato, a cercare "l'ame aux corps" di qualsiasi corpo si tratti. E alla nascita rimanda ancora l'uovo (che allude a nascite insieme umane e cosmiche) di: Senza titolo, senza nome del '78. Ma non c'è svaporatezza misticheggiante nel lavoro della Del Ponte, c'é piuttosto la lucidità di una riflessione che si esercita a partire dalla sua curiosità per le forme e gli ambiti diversi della conoscenza, quelli che lasciano spazio alla ragione e alla suggestione insieme. E' la 'speculazione intuitiva' di cui scrive A. M. Sauzeau, la stessa di quando organizzava la scatola magica di: Musica da camera per sei strumenti, o di quando costruiva i Tropi, prismi di plexiglas, a catturare la luce e le forme per dare loro nuove direzioni e nuove declinazioni, "in un gioco di riflessioni che insieme nega e afferma" (E. Fiorani); anche allora tesa ad inseguire l'elemento dinamico, vitale, nel momento in cui confondeva il reale con l'illusorio, la ragione con l'immaginazione. Per cercare nel mondo delle leggi lo scarto della deroga, nell'attuale il vir tuale, in ciò che sta ciò che si muove, quella "volontà di forma" della materia che sfugge alla nostra volontà di potenza e cammina da sé: senza che i nostri occhi la vedano e le nostre orecchie la intendano. Saranno presenti all'inaugurazione Eleonora Fiorani, Francesco Leonetti Anne Marie Sauzeau Boetti che, con Lea Vergine, scrivono in catalogo.”
Testi critici:
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