Lea Vergine

in “Corriere della Sera”

30 gennaio 1994



Ezioni dalle quali risultano i contrasti di modi, le situazioni in cui i significati si estendono ad altri campi e anche a formule melodiche.

E in questo ambito che Del Ponte si situa

con la sua ricerca intitolata «La forma del suono». Ieri (nelle opere dell'artista amata e tradotta da artisti e filosofi) ordine, armonia, simmetria; sulle pietre tornite e sui marmi lussuosi il passaggio del tempo, il tocco dell'essere umano, l'usura del vento. Oggi, percussioni e pause di silenzio: Il marmo, detto Serpentino italico, dei pannelli esposti fa da cassa di risonanza, fa come da litofono (tamburo di pietra) il cui suono suscita emozioni, memorie, echi complessi in un pubblico che va a visitare una mostra di sculture, e si trova coinvolto in una sorta di esperienza musicale. D'altronde Del Ponte ha sempre attentato alle barriere dei generi. Già nel '73, quando vinse il primo premio alla Biennale brasiliana di San Paolo, l'esteticità di tipo classico delle sue opere era divenuta sapida, perché speziata da ricerche intorno a culture come quelle cinesi, indiane, a discipline come la matematica, la biologia, la mineralogia, l'ottica, l'antropologia. E, da almeno dieci anni, insiste sulle sperimentazioni intorno ai toni musicali, all'ampiezza delle vibrazioni e al fenomeno delle ombre.

Su «Acqua nell'acqua», quattro grandi lastre di marmo sospese alla parete, è scolpito un moto ondoso: davanti, sul pavimento, è poggiato un percussore. Lo spettatore può condurre l'analisi acustica guidato anche dalle parole della stessa autrice. “In Cina, il suono delle pietre era accuratamente descritto come meno secco e meno aspro di quello del metallo, più squillante del legno, più brilante e più dolce dell'uno e dell'altro“. La melodia dell'acqua è l'analogo acustico della forma visiva (ombra) dell'anima proiettata sulla terra.

La melodia riflette la parte immortale;

e l'ombra la parte mortale.”



performance di Danilo Grassi

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