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Francesco Leonetti

Intervento di presentazione della mostra

Casa del Mantegna, Mantova

1994



“Ad un catalogo così fitto di scritti non c’è ragione di aggiungere nulla, e da parte mia semmai un interrogativo ancora: questo rapporto che Amalia Del Ponte pone tra la sua arte così rigorosa che è nello stesso tempo molto plastica e molto azzerante che ci intriga un po' anche perché la tradizione dell'arte della scultura è meno frequentata dalle menti e dalle sensibilità delle donne, quindi ci troviamo di fronte ad un caso singolarissimo di ricerca d'avan guardia ormai molto solida nel tempo, però lascia degli interrogativi. Questo interrogativo è il rapporto che lei pone continua- mente tra scultura e musica. E se ne discute, se ne traggono motivi di riferimento; senza dubbio si tratta di un rapporto fondamentalmente sinestetico, vale a dire tra due diversi sensi, la vista e l’udito, per aggiungere qualche cosa a ciò che questo rapporto istituito costantemente, direi quasi con una sorta di provocazione continua della ricerca di Amalia, mi è venuto in mente che noi possiamo aggiungere un altro riferimento e per esempio a p. 37 del catalogo, c'è l’immagine di un’opera complessiva di piu elementi. "Acqua nell’acqua” che abbiamo visto nella Galleria di Valeria Belvedere a Milano, che invece qui per motivi tecnici non è presente. Ecco, in questa opera la visione auditiva, cioè l'elemento sinestetico è evidentissimo: è questo scroscio d'onde fortissimo, visivamente, e quindi raccoglie insieme la visione e l'attenzione diventa una visione auditiva, senti come il rumore di questo movimento di onde nello spazio. Invece, ciò che abbiamo ascoltato stasera, come in altre occasioni, è piuttosto un' interazione, sono due arti, l'arte visiva per eccellenza e la musica, la scultura e la musica che interagiscono e c’è un testo musicale aggiunto, quindi un'interazione tra due arti. Naturalmente le sculture di Amalia in questo caso nell'interazione sono disponibili, si prestano hanno una materia, una qualità, una dimensionalità che permette, sviluppa il loro diventare non direi strumenti, il loro diventare organi per questo suono che può essere gioioso, rituale, come si vuole; ecco però secondo me c'è un altro problema che ancora non avevo detto. Quindi semplicemente aggiungo dell’amicizia con i presenti in questa osservazione. II rapporto scultura musica è nella nostra tradizione teorica molto fortemente un rapporto di contraddizione che si unisce, infatti è posto per primo da Nietzsche nella sua opera fondamentale del 1872, con rifemento ai Greci arcaici, traendolo anche dalla cultura orientale che gli veniva da Schopenhauer, come rapporto tra l’apollineo, che vuol dire indubbiamente il sogno, e il dionisiaco che vuol dire indubbiamente il lato oscuro, allora io l'interrogativo che mi faccio è secondo la tradi- zione nicciana: che attraversa tutte le avanguardie direi quasi più di quella freudiana e fondamentale dall’espressionismo in poi, che vuole acquisire parità tra l'arte e la musica; mentre questa parità in Schopenlauer non c'è, in Nietzsche sì, questo è un punto delle avanguardie. Mi accorgo che in fondo Amalia tende a preferire la musica alla scultura e siccome la scultura è l’apollineo, il sogno, e la musica è il dionisiaco cioè il nostro lato oscuro. profondo, probabilmente c’è un suo tentativo, si intende che in Nietzsche, siccome ha preso tutte le avanguardie, i due elementi contrari, la scultura plastica, apollinea e la musica profonda dionisiaca devono unirsi, devono stare insieme, però nell'opera visiva sono unite come sono unite nell’opera musicale, vale a dire due elementi che sono di ogni uomo, nell'arte si fondono come si fondono nella musica. Perché insiste molto nel valorizzare la musica, tanto è vero che in questa p. 37 è solo mostrata di scorcio quest’opera che ha duplice valore visivo e uditivo e tutto visivo però e perché ce la fa vedere solo di scorcio, mentre invece le interessa così profondamente la musica? Evidentemente indaga nell’elemento dionisiaco e... un modo di proporlo e forse giusto nella ricerca… (non si capiscono le ultimissime parole).”