Annarosa Baratta

Intervento di presentazione della mostra

Casa del Mantegna, Mantova

12 marzo 1994



Perché abbiamo scelto quest'anno Amalia Del Ponte? Perché è una scultrice e non c'eravamo mai impegnate (abbiamo scelto proprio il momento giusto...) con una mostra di scultura. Non solo la scultura come genere ci interessava, ma il lavoro che Amalia sta portando avanti dall'85 a oggi: una ricerca sulla "forma del suono" che ci sembra particolarmente suggestiva: sia per la volontà di contaminare campi di esperienza diversi, per questa volontà di indistinzione, sia per il rifiuto della bipolarità emozione-ragione',vita-pensiero, (rifiuto che d'altra parte è, e dico una banalità, elemento fondante dell'arte). Un altro tema che ci interessava in particolare (noi siamo un gruppo femminile) è il tema della nascita a cui Amalia si è dedicata negli anni '70 e avete visto, nelle sale sotto, un'operazione o un'opera che è proprio intitolata "Nascita", così come avete vistol'Accrescimento di un cristallo", in cui il cristallo si forma e cresce, e ancora un'altra opera, "Senza titolo, senza nome", in cui c'è di nuovo un rimando alla nascita, se badiamo all'uovo - che allude a nascite umane e cosmiche – sulla stele di pietra serena. Ci sembrava interessante questa operazione (chi prima era alla conversazione di Anne Marie Sauzeau ne ha sentito parlare in maniera molto più ampia e significativa) questa operazione sulla 'maternità': che non è soltanto 'parto', ma " facimento" che, rinnovandosi, si distende nel tempo; che prevede la durata. C'è un rapporto che Amalia documenta con la figlia che ci dice, e cito ancora Emma Baeri, il piacere 'sensuale ' del duplicarsi e del dimezzarsi" in una storia che viene vissuta a rebours, in una successione di rispecchiamenti tra madre e figlia che riportano alla nascita; così come, nello stesso tempo, c'è in questo ritornare all'indietro, all'utero, all'Origine, il superamento della singolarità, che significa e risalire nel remoto e dilatarsi ad altri ambiti rispetto a quello umano (vedi l'ovario del fiore). Ci ha colpito questointeresse forte a partire dal corpo, dai ' corpi', l'interesse che Amalia ha per quella che, sempre facendo mia la defi- nizione di Baeri, è la conoscenza 'sensata'. Ad Amalia ho chiesto da cosa nascano i suoi progetti, che progetti ha prima di fare, che pro- getti la spingono a fare: mi pare di avere capito che rifiuta una proget- tualità 'prioritaria', quello che le interessa è il cogliere quel qualcosa che, nella vita quotidiana, nella vita di ognuno di noi, ci determina al fare: una voce, diceva lei citando Cristina Campo, che non è forte, è sottile ma ti suggestiona, ti sollecita: a patto che tu la sappia cogliere e per la quale quindi ci vuole attenzione; attenzione e abbandono insieme; Amalia parla di "ricettività", ricettività che attraverso l'esercizio porta poi ad una 'naturalità' del fare, che altro non è che l'allenamento del cuore all'intelligenza. Quindi questo suo partire dall'esperienza corporea ci interessava, questo modo di conoscere che non è mai astratto anche se si esprime nell'astrazione; il discorso che Amalia fa è quello della mente come un senso, che è, lo diceva Eleonora Fiorani, convinzione derivata dal Buddismo. C'è un interesse particolare di A. Del Ponte per la cultura orientale e credo che da questo interesse sia nato l'intervento che ha fatto per la Casa del Mantegna ieri sul pozzo. Il pozzo è, è stato, l'occasione, l'esperienza contingente che la mostra alla Casa del Mantegna ha messo sulla sua strada, che Amalia ha colto e che le ha fatto scattare il rimando a I Ching, da cui ha recuperato – con l'esagramma del pozzo - queste frasi sapienziali: " Penetrare sotto l'acqua e portare 1'acqua in alto, ecco il pozzo": che significa penetrare la realtà e riaffiorarne penetrati, vive- re l'esperienza e pensarla; e ancora " il pozzo alimenta e non si esaurisce" " Essi vengono e vanno - si legge ancora ne I Ching – e attingono al pozzo. Non cala e non cresce". Noi veniamo e andiamo: Mantegna ieri (nel pozzo si riflette come affiorando, l'immagine di Andrea Mantegna) così come noi oggi, ospiti nella sua casa, a goderne – restituendola in forma nostra - la ricchezza che ci ha lasciato: uno scambio di dono tra passato e presente. Cosi la memoria si fa vita.”


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