Ipotesi per un grande tropo


1968

plastica, ferro e stampe su pannelli

misure variabili



1968 Galleria dell’Annunciata, Milano


“Lavoro da alcuni anni il Plexiglas,

eseguendo tagli di lastre per ottenere forme

prismatiche che Vittorio Fagone ha chiamato TROPI puntando sulla polivalenza di questa connotazione linguistica.

In questo procedimento mi ha sempre interessato non la forma come risultato,

ma le angolazioni da me scelte, in quanto creano uno spazio di visione immaginario

e dinamico precisato nella sua possibilità, oltre la quale le immagini esterne rifrangendosi e riflettendosi, arrivano

a frazionarsi e a dissolversi provocando

una rottura continua degli schemi percettivi reali dell'ambiente.

Deriva da qui il mio bisogno di realizzare in maggiori dimensioni lo stesso oggetto, non già o non solo come elemento «primario», ma per evidenziare la possibile attività che esercita in se stesso e attorno a se stesso. Studiando per giungere a questo risultato che non ha attualmente possibilità tecnica di soluzione, ho costruito intanto un'ipotesi: presento il volume di un grande tropi tracciando con fili metallici gli spigoli di questo elemento prismatico retto.

La base triangolare ha gli angoli di 90, 36, 54 gradi e l'altezza è quella del soffitto della Galleria. I pannelli fotografici situati attorno ad esso mostrano gli effetti di rifrazione che si otterrebbero da direttive di vista perpendicolari ai 3 lati (è indicata la simmetria riferita all'angolo di 36° che è pentagonale).

Le immagini sono: il cortile più due lettere: a - b in legno verniciato nero che ho scelto come riferimenti (vedi il calcolo in nota). Infine, ho dovuto rinunciare agli effetti di riflessione nel tropi che non sono riuscita a descrivere graficamente.”

                          Amalia Del Ponte

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