1993
a cura di Roberto Daolio
Nel lavoro e nella ricerca di Amalia Del Ponte possiamo rintracciare accanto ad una tensione plastica che tende ad armonizzarsi con la natura “immateriale” del suono, una precisa volontà di trasformazione e di estensione in ambiti e in territori diversi. – La forma del suono – costituisce al tempo stesso una forma di riflessione sulle possibilità intrinseche del fare scultoreo e le dinamiche esplorative espresse in settori e discipline differenti: dalla mineralogia alla matematica, dall’ottica alla biologia, all’antropologia. Non si tratta tanto di stabilire delle priorità, quanto piuttosto di coordinare il sapere scientifico all’interno di un ordine e di una simmetria estetica. Le grandi lastre sospese di marmo, serpentino (Acqua nell’acqua) sono in realtà dei litofoni e le liquide onde che si inseguono senza tregua, attendono solo di essere riverberate dalle percussioni. Attendono di espandersi nello spazio e di modificare la percezione del suono nella cassa di risonanza dell’intero ambiente. Così come la diversa risonanza dei materiali produce una sollecitazione plurisensoriale in grado di attivare memorie personali e storiche, silenzi carichi di emozione e echi di culture lontane. L’evocazione di una energia della materia passa attraverso l’essenza e il flusso di un immaginario poetico che si confronta con l’azione, con il gesto performativo. Materialità e immaterialità non sembrano qualità ed aspetti inconciliabili e contrastanti. Anche quando il rigore formale sembra prevalere nell’eleganza e nella sintesi minimale di un lavoro come Pensieri Curvi, il percussore a pavimento ne anima e ne dilata una risonanza fisica e psichica al tempo stesso. Come è avvenuto durante la performance del compositore concertista Maurizio Ben Omar che ha eseguito quattro movimenti composti per le sculture presenti in mostra.
Roberto Daolio