L'Illustre Sconosciuta (performance)

2009

Farahzart, Milano - 2008
durata: minuti 08:33
Prologo: Sullo schermo un fermo immagine di una finestra vista da fuori; intanto una voce recita la scena che si svolge nella casa.
Il testo (1927) è di A. Campanile, considerato da Calvino a Eco ed altri tra i massimi scrittori comici del ‘900.
Per Campanile il grande umorismo ha spesso bisogno del dolore perché scatti la molla della comicità.
Qui coglie gli aspetti più assurdi del comportamento umano di fronte al “fenomeno” della morte.

Noi, per il momento siamo ancora qui davanti allo schermo dove ora si intravvede nella nebbia la barca di Caronte che trasporta dall’altra parte; e porterà, prima o poi tutti.

un omaggio ad Achille Campanile

“… benché si sappia quasi con certezza che tutti debbono morire, pure tutti restano sorpresi dal fenomeno. Siete mai stati a visitare una famiglia colpita da un lutto, mentre l’estinto è ancora in casa?
Si trovano persone stupefatte, come se fosse avvenuto un caso stranissimo che, da mondo
è mondo, non s’era mai prodotto.
Tutti si agitano, tutti dimostrano d’essere impreparati alla cosa.
Sia i congiunti, sia gli amici.
I primi non mostrano alcuna disinvoltura.
I visitatori pronunziano frasi che, a voler essere benevoli, bisogna definire insensate.
La loro idea dominante è che qualcuno dei parenti del morto debba morir di dolore,o suicidarsi: cose che non capitano
che rarissimamente.
Dicono: tenete d’occhio la moglie,o il figlio, o il padre.
Tuttavia, i visitatori reclamano dai parenti del morto un’immediata fortezza d’animo, esigono d’urgenza calma e coraggio.
Non possono assolutamente vedere una lacrima.
“Non devi piangere. Promettimi di non piangere” ordinano.
Ma perché? Che male c’è se uno piange? Quanto ai parenti, dicono frasi prive di senso comune: “non doveva morire”; “Chi l’avrebbe immaginato?“, e altre, solo ammissibili nel caso che il fenomeno della morte si fosse manifestato allora
per la prima volta nel mondo.
E quelli che arrivono: “Io non ci credevo”, “Mi pare impossibile che sia morto”, “Non pensavo mai che dovesse …”eccetera, eccetera.
E bisogna vedere i vecchi come ne parlano! Proprio come se il fenomeno della morte non li riguardasse affatto, come se essi fossero fuori discussione. E, intanto, strilli, abbracci, strette di mano, baci
fra persone che non s’erano mai baciate, sospiri con lo sguardo attonito nel vuoto.
Intorno al morto c’è un grande fervore di vita, la casa non è mai stata tanto affollata e in movimento.
In una stanza stanno tutti seduti, in un’altra vanno su e giu.
In cucina, alcune volonterose preparono caffè su caffè per “tenere un po' su“ i supestiti; e a ogni momento fattorini telegrafici portano quattro, cinque dispacci alla volta: la notizia dello stranissimo caso è volata lontano e amici e parenti telegrafano addirittura per esprimere, insieme col dolore, la sorpresa.
Sorpresa? ………….
Soltanto il morto ha capito la situazione
e s’è messa l’anima in pace.
Finché c’è vita, c’è speranza.
Finché c’è stato un filo di speranza,
anch’egli s’è agitato, ha fatto gesti incomposti e detto parole insensate.
Ma ora, non piu. Ora è tranquillissimo.
E’ l’unico disinvolto. L’unico che sappia far la sua parte.
E’ morto da poche ore e già pare praticissimo di queste cose …..
... insomma ha già quello che i francesi chiamamo le physique du role...

Michele Ketoff legge Achille Campanile

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