1996
Lithovocis
Galleria Valeria Belvedere, Milano
Litovocis è una raccolta di concerti tenuti dal 1986 al 1995 da diversi musicisti e compositori sui litofoni di Amalia Del Ponte
Eterogenio
in “BlowUp”
“Gli oggetti in pietra realizzati dalla scultrice Amalia Del Ponte, che nell'anno 1995 hanno visitato anche la biennale di Venezia, sono al tempo stesso forma e timbro.
Artisti provenienti dai quattro angoli del pianeta hanno, nel corso degli anni, dato voce a sì particolare orchestra portandosi appresso il proprio background.
La raccolta in CD di (alcune? tutte?) queste performance da forma ad una serie di 'sculture sonore' policrome per architettura e colore. Se un appunto può essere mosso a Lithovocis è in una scrittura che sovente non sa seguire la particolarità degli strumenti utilizzati e si rinchiude sulla falsariga di una normale pièce per percussioni.
Non è però il caso di Gianluca Ruggeri che, in Litodramma, modella il suono delle sculture talmente di fino da far immaginare archetti che scorrono su corde ben tese. Comunque esiste sempre qualche motivo di interesse: nei gong echeggianti di Maurizio Ben Ornar: Per Amalia, come nelle note distillate da David Ryder (28 Stations), nei fluidi scampanellii di Guido Facchin (Exusiai) come nelle pennellate esotiche di Hiroshi Sato e Gabin Dabiré (The Walk e The Deaf). Lithovocis è un lavoro unico nel suo genere.”
Numeri et Voces et Modi
In questi anni sto scolpendo un insieme di strumenti in pietra.
La forma (luce) e il timbro (qualità) saranno le due componenti inscindibili, poiché il suono lo cerco scolpendo e modificando ciascuna pietra dell'insieme. Battendo su queste pietre uscirà la loro sostanza sonora e il ritmo profondo di chi le userà. Vorrei ottenere quella fusione di udito e vista che gli antichi cinesi definivano "luce degli orecchi".
Se pure in altre civiltà-tradizioni sono stati ritrovati strumenti in pietra ( come in Vietnam, in Indocina, in Corea, Nuova Guinea, India, Venezuela, Senegal, Nigeria, in Europa a Chios e in Sardegna); è in Cina che testimonianze scritte provano che questa tradizione risale almeno al III millenio a.C. e loro stessi si ritenevano i primi nel mondo. Per molte dinastie vi fu una stretta relazione tra la costituzione dello stato e la musica; e gli Imperatori erano rappresentati ciascuno come fondatore di un sistema musicale controllato da funzionari contro l’introduzione di ogni nota contraria all’ordinanza imperiale. In accordo con la filosofia di Fuh-shi, costruivano il loro mondo sopra le armoniose azioni e gli eventi della terra, coordinando la loro musica con i movimenti delle stelle e il cambio delle stagioni con i loro fenomeni. Divisero entro otto classi gli strumenti musicali (il primo tra questi: le ‘Pietre Intonate’(ch’ing) era riferito al Nord-Ovest, inverno-autunno), corrispondenti a otto simboli (pa-kua) che loro credevano essere l’espressione di tutti i mutamenti. Alla relazione di vista e udito sipossono ricordare i non pochi esempi delle due parole che in diverse lingue mantengono la stessa radice verbale, quella egizia mui significa ruggente e splendente, nella mitologia tedesca svegal zufolo e luce,il sanscrito svar suono e luce, nello spagnolo dispanar una saeta è come dire cantare una saetta.
Ora, l’oggetto che simboleggia il fulmine è un’”arma folgorante”, uno strumento a forma di percussore; gli archeologi hanno portato alla luce numerosi di questi oggetti, che hanno chiamato “asce votive”, ritenendo che non avessero alcun uso pratico. Vorrei fare l’ipotesi che potrebbero trattarsi di una memoria-testimonianza di strumenti usati per colpire o battere, per riprodurre quei suoni folgoranti così come quelle forze che generano condensazione e dissipazione.”
Amalia Del Ponte
in copertina Alighiero Boetti, Amalia (1978)